Coppa del Mare

VIIIa COPPA DEL MARE
(1932)

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VIIIa Coppa del Mare (24 Luglio 1932)

Il Gran Premio del R.M.C.I. festeggiava nel 1932 la sua decima edizione, e per l'occasione l'organizzazione delle maggior gara motociclistica italiana era affidata ancora una volta all'Auto-Moto Club Livorno associandola all'ottava edizione delle Coppe del Mare. Ed ancora una volta l'organizzazione livornese superò ogni attesa, con un'attenta opera di rifinitura del percorso per eliminare le insidie maggiori, migliorare il profilo delle curve più difficili e realizzando notevoli migliorie anche al già imponente Villaggio della Corsa sul rettilineo dell'Ardenza, tutto realizzato in legno con il lavoro di pochi giorni degli espertissimi carpentieri e maestri d'ascia del porto livornese. Così sul litorale dell'Ardenza, affiancato da un lato dall'incanto azzurro del Tirreno e dall'altro dalle lussureggiante pinete, lungo il fantastico rettilineo d'arrivo di circa un chilometro di lunghezze e largo poco meno di duecento metri, sorgevano come per magia immense tribune proprio in riva al mare, e di fronte a queste, ai limiti della pinete e confinanti con questa, i box, le tribune con i servizi, l'enorme quadro dei tempi, una torre quadrata con un orologio "...non solo pitturato... come scrisse uno stupefatto cronista dell'epoca che paragonò anche gli impianti livornesi, realizzati per l'effimero spazio delle due settimane di gare, auto e moto, ad une sorta di Autodromo di Monza sorto dal nulla per le grandiosità ed il preciso funzionamento degli impianti, facendo rimarcare anche la perfetta funzionalità dell'insieme e le minuziosa cura dei dettagli organizzativi, per i quali veniva portato appunto ed esempio l'orologio delle torre di controllo che "...domenica segnò l'ora solare fino al momento della partenza, durante la gara segnò il tempo della gara e all'istante in cui scadendo il tempo massimo la gara finiva, riprese a segnare le ore normali". Perfetto anche il servizio medico, con allertati gli Ospedali di Livorno e quello di Rosignano e che vedeva in Campo la Pubblica Assistenza della Misericordia, la Croce Rossa dell'Ardenza e la Misericordia di Montenero e Antignano che svolgeva anche il servizio a mezzo di barche e motoscafi sul tratto litoraneo Romito-Calafuria e dai bagni Roma ai bagni Pejani.
Unico problema emerso a Livorno fu la collocazione a Calendario della gara, con due gare di campionato italiano all'immediata vigilia, ma di questo non si poteva certo far alcuna colpa agli organizzatori. Livorno fu, infatti, la terza gara importante disputata nel corso di quindici giorni: il 10 luglio macchine e piloti avevano disputato il massacrante Circuito di Arona, poi il 17 Luglio il non meno impegnativo Circuito di Forlì per poi affrontare, in linea generale con una preparazione forzatamente un po' scarsa, il 24 luglio il severissimo tracciato del Montenero.
Ciò nonostante i risultati complessivi furono eccellenti e dei quarantanove partenti ben ventisei portavano a termine la difficile prova, con le piccole cilindrate più affidabili delle grosse 500.
Alla gara presenziò, come di consueto, Costanzo Ciano all'epoca Ministro delle Comunicazioni e Presidente del Comitato dell'Estate Livornese, accompagnato da tutti i dirigenti del Reale Moto Club d'Italia che avevano programmato a Livorno, appunto in occasione del Gran Premio, un'assemblea straordinaria. Ciano si soffermò a salutare uno per uno tutti i piloti schierati prima della gara, stringendo loro la mano e scambiando qualche parola, come d'altra parte il suo ruolo richiedeva, ma nell'occasione a Livorno si schierarono al via cinquanta concorrenti, cosicchè il cerimoniale tenne impegnati a lungo piloti ed autorità. Comunque all'ora prevista, le sedici, Costanzo Ciano ed il barone Paolo Ricci Lotteringi del Riccio, presidente del R.M.C.I. si portavano sulla linea di partenza e ad un cenno del Ministro lo starter, compito per l'occasione affidato alla signorina Livia Ciampini, abbassava la bandiera di partenza. Partirono per primi i concorrenti della 500, seguiti a distanza di due minuti da quelli della 350 e quindi, intervallati sempre dallo spazio di due minuti fra le classi, da quelli della 250 e della 175.
Diciassette le moto al via della classe 500, circondate da una vivissima attesa per il previsto duello fra Bandini e Taruffi. E l'attesa non andava certo delusa, con la Miller di Bandini che transitava al comando alla fine del primo giro, seguita come un'ombra dalla Norton di Taruffi, mentre il pubblico già si leccava le labbra pregustando un nuovo corpo a corpo fra i due campioni simile a quello che aveva infiammato la folla durante tutte le gare di campionato della stagione. Il passo dei due rivali era sostenutissimo e fin dal primo giro Bandini batteva il precedente record, che gli apparteneva, di circa quindici secondi e che sarebbe anche rimasto come giro più veloce della giornata, una cosa questa che forse non si era mai verificata in una gara con partenza da fermo. Alle spalle dei due leader scatenati inseguiva Mario Colombo in sella alla Ganna, ma distanziato già di cinquanta secondi. Dopo un inizio cosi scoppiettante il pubblico seguiva con le orecchie incollate agli altoparlanti i passaggi delle varie postazioni, e finalmente i protagonisti arrivavano sul traguardo per il secondo giro. Bandini piombava sul rettilineo d'arrivo velocissimo, con Taruffi distanziato di quattro secondi, poi Colombo ancora al terzo pesto.
ma insidiato dalla Aquila di Cavalleri che si era fatto minacciosamente sotto, mentre il bravo Fagnani, che con la Nsu occupava la quarta posizione alla fine del primo giro era già stato costretto ad arrendersi. Dopo circa un quarto d'ora tutti gli sguardi erano di nuovo puntati sulla curva d'ingresso al rettifilo d'arrivo, ed ecco fra la sorpresa generale sbucare per primo Taruffi che transitava velocissimo, senza nessuno alle spalle Tutti si chiedevano dove fosse finito Bandini con il cuore in sospeso perchè il forlivese non arrivava, e non sarebbe più transitato davanti al traguardo. Era successo che Bandini aveva rotto il freno anteriore proprio nella staccata della curva di Ardenza di Terra e non aveva potuto evitare un violento ruzzolone. Nessun danno fisico al pilota, ma la moto non era in grado di continuare e così la corsa del forliveee, iniziata con tanta veemenza e combattuta leoninamente era già finita. Pietro Taruffi rimaneva padrone assoluto del campo, completando la gara con tranquilla sicurezza, senza nessuno in grado di impensierire il campione romano, che completava comunque la sua fatica migliorando il tempo totale sul percorso fatto registrare da Bandini nell'edizione precedente.
Alle spalle del vincitore la lotta diventava appassionante per la conquista del posto d'onore fra Cavalleri e Colombo. Il pilota dell'Aquila aveva inizialmente la meglio prendendo anche un leggero vantaggio sul rivale, ma alla fine del quinto giro il bresciano doveva fermarsi ai box per un problema tecnico che richiedeva circa quattro minuti per essere risolto e che gli costeranno proprio il risultato alla fine della gara perchè Colombo proseguiva regolarmente e conquistava la seconda piazza distanziato di circa sette minuti dal vincitore, ma appunto con quattro di vantaggio su Cavalleri. Ottima come di consueto la gara di Adolfo Nardi, quarto in tutta sicurezza al momento di ritirarsi al sesto giro. Dietro i primi tre si classificavano così Aldo Fiorina ed Aristide Boccolini, che completavano la sparuta pattuglia degli arrivati, solo cinque su diciassette partiti.
Nella 350, solitamente la classe più affollata al Montenero, erano solo in tredici a prendere il via, ma si trattava di una pattuglia agguerrita, soprattutto con Mario Ghersi che con la Rudge non nascondeva di puntare al successo anche nella classifica assoluta cosa che alle più piccole tre-e-mezzo era regolarmente riuscito nelle prime edizioni della gara livornese; e poi c'era un Federigo Susini con la Norton in gran spolvero dopo il successo della settimana precedente nella gara di campionato italiano di Forlì e che non aveva certo bisogno di incitamento per puntare alla vittoria davanti ai suoi concittadini. C'erano insomma tutte le prospettive per una grande gara anche nella 350 ed il primo giro dava subito la sensazione che le attese non sarebbero andate deluse. Susini piombava sul traguardo in un tempo vicinissimo ai leader della 500, precedendo Mario Ghersi, il campione italiano Guido Cerato con la Rudge ed Amllcare Rossetti con la Velocette, tutti abbastanza vicini, mentre gli altri erano già distanziati.
Il duello Susini-Ghersi si scatenava nel giri seguenti che vedevano l'asso genovese balzare al comando con Susini incollato agli scarichi. Ma l'infuocata battaglia fra i due si concludeva dopo il terzo giro, con Mario Ghersi costretto ad abbandonare, lasciando campo libero a Susini, seguito da lontano da Cerato, con una moto che non camminava a dovere, ed ancora più distanziati Rossetti, Costa e Nazzaro. Ma quando ormai la folla si apprestava a festeggiare l'idolo di casa al penultimo giro ecco il colpo di scena: Susini si fermava sul percorso con la catena rotta! Intanto Cerato era già uscito di scena così per qualche minuto nessuna delle 350 transitava sul traguardo fino a quando appariva Rossetti che poteva così ad ereditare il comando della gara senza aver mai brillato. Quando il bravo Susini, dopo aver riparato la catena, passava lanciatissimo sul traguardo il pubblico livornese scoppiava in un fragoroso applauso, incitando il proprio beniamino. Ma ormai era troppo tardi, la riparazione era costata a Susini oltre dieci minuti e non solo Rossetti, ma anone Angelo Costa, erano ormai irraggiungibili per lo scatenato pilota livornese. Rossetti tagliava così indisturbato il traguardo, iscrivendo il suo nome nell'albo d'oro della grande corsa toscana, dopo una corsa regolare caratterizzata nella seconda metà da qualche problema dovuto all'accensione ed impreziosita dal giro più veloce segnato al terzo giro quando il pilota romano cercava di resistere all'assalto di Ghersi e Susini. Federigo Susini era il vincitore morale della gara, velocissimo e determinato, ma la sfortuna aveva fermato la corsa al successo del pilota del|'AMG Livorno, costretto ad accontentarsi di un amaro terzo posto finale.
Anche nella 250, malgrado una griglia di solo undici piloti, i motivi di interesse erano tanti. Al consueto squadrone delle Guzzi, forte di Fumagalli, Panella, Prini, Brusi e Cimatti, si opponevano la solitaria Aquila di Omobono Tenni, vincitore quindici giorni prima ad Arona nella gara di campionato, e le due Rudge della Scuderia Ferrari per il sempre indiavolato Giordano Aldrighetti e Virginio Fieschi. L'interesee della gara era anche esaltato dalla curiosità per il debutto in circuito con una moto di Mandello sul Lario del valoroso Carlo Fumagalli, ed i presenti a Livorno non poterono affermare di essere stati delusi, perchè se Aldrighetti prese subito il comando della gara per non mollarlo fine al traguardo Fumagalli lo incalzò per tutta la gara da vicino, chiudendo distaccato di circa un minuto dal vincitore. La gara delle 250 non aveva avuto, sotto un certo aspetto una grande storia, perchè le posizioni di gara rimasero praticamente invariate dallo start alla fine. Solo all'inizio si era delineata la minaccia di Omobono Tenni, capace di stare con Aldrignetti e Fumagalli, ma una spettacolare caduta al terzo giro frenava decisamente l'ardore del trevigiano che, rialzatosi con la moto in brutto stato, concludeva la gara solo al sesto pesto. Degli altri favoriti Ugo Prini aveva perduto diversi minuti alla partenza e Riccardo Brusi era stato subito tartassato da problemi di accensione e, dopo quattro giri di calvario, aveva imboccato la Strada dei box. ll debutto di Fumagalli vincitore in giugno del Raid Nord-Sud da Milano a Napoli, era stato più che positivo, tanto più considerando che al pilota milanese era stata affidata una moto da allenamento, non perfettamente quindi a posto per una gara così severa, ma con la quale aveva salvato l'onore delle Aquile di Mandello in una giornata decisamente storta per i Guzzisti. Chiudevano gli arrivi l'appassionato livornese Enrico Serafini in sella alla Junior, una moto assolutamente turistica e realizzata proprio a Livorno da Edoardo Mascagni, figlio secondogenito del grande compositore Pietro Mascagni, ma, indipendentemente dal valore del pilota, le caratteristiche "utilitarie" della moto labronica non avrebbero permesso exploit velocistici superiori a quelli ottenuti. All'ultimo posto si classificava il giovane fiorentino Bruno Casprini con una vecchia OK Supreme.
Anche la 175 aveva il suo motivo d'interesse per la presenza della squadra CM che aveva vinto la Milano-Napoli alle quali si opponevano le Benelli e le nuove MM bolognesi. Le grandi protagoniste della giornata furono la Benelli con Carlo Baschieri e la MM affidata a Giovanni Bientinesi, un giovane livornese autore nell'occasione di una corsa stupenda, riuscendo ad assumere il comando ed a mantenerlo per diversi giri, tenendo così ben desta l'attenzione del pubblico che non mancò di incitare con grandi applausi la gara del concittadino. Bientinesi aveva perduto terreno in partenza e Baschieri ne aveva subito approfittato per balzare al comando. Ma il livornese della MM si gettava all'inseguimento, affrontando le curve come un indemoniato finchè riusciva a raggiungere il rivale e superarlo di slancio. Baschieri sembrava sorpreso nel vedersi superare dall'impertinente giovanotto livornese ed accettava le sfida, tallonando il rivale. La corsa sembrava però volgere in favore di Bientinesi che già pregustava il grande successo, ma al penultimo giro la MM doveva fermarsi a cambiare la candela. Bello stop del rivale approfittava subito Baschieri che tagliava per primo, in tutta tranquillità, il traguardo davanti al plotone compatto delle CM di Cavaciuti, Zini e Pagani che davano così la conferma della loro solidità in una brillante affermazione di squadra. Lo sfortunato Bientinesi, ripartito in sesta posizione, poteva nell'ultimo giro passare il solo Raffaele Alberti per conquistare così il quinto posto finale, risultato ben misero dopo la grande gara disputata nella quale aveva fatto segnare anche il giro più veloce con il nuovo record di classe. All'ultimo posto l'indigeno Vittorio Nencini con una vecchia Benelli privata, felice comunque di terminare la gara di casa.
Di lì a pochi giorni la Livorno Sportiva avrebbe vissuto pagine esaltanti nel canottaggio grazie all'impresa alle Olimpiadi di LosAngeles dei leggendari "Scarronzoni", l'Otto Con dell'Unione Canottieri Livornesi, che conquistarono la medaglia d'argento dopo aver dominato la gara fino a 50 metri dall'arrivo, quando due ondate più grosse ed una folata di vento - agli italiani era stata assegnata la corsia esterna, quella più battuta dal vento e dalle onde – fecero perdere l'assetto all'imbarcazione e permisero alI'armo americano di superarli per un soffio. Livorno accolse i suoi atleti come trionfatori e tutta la città si riversò verso la stazione, con la banda musicale del G. Pascoli in testa, per accoglierli, tanto che il Prefetto fu costretto a predisporre con urgenza ronde di sorveglianza speciali nella citta rimasta completamente deserta ed a rischio di furti e saccheggi.